agosto 31, 2008

Tu chiamale se vuoi, Coincidenze.


Avviso ai naviganti: questo "articolo" è puramente a carattere personale e interesserà (forse) una, due persone.

24 agosto 2007 (o giù di lì),

tornavo da un viaggio in Francia, da una settimana sull'oceano, da un paesaggio fatto di dune, onde e surfisti. Quello stesso giorno ho attraversato mezza Francia, dalle viti del Cognac, agli acquedotti della Provenza, per finire agli yacht di Monaco. E poi? A casa. Fine.

Anzi no. Ore 7, allenamento. Si torna alla vita di tutti i giorni. Ecco ora sì: fine. 

E invece no. Entro nello spogliatoio (sicuro di aver imbucato quello giusto), e come ogni anno chi ci ritrovo nel solito angolo? Eu. Tra saluti e cose varie mi dirigo verso il mio angolo (che alla fine è quello adiacente a quello del compagno). C'è un'altra borsa, con una strana scritta sopra. Mai vista tale borsa in territorio pesciatino. Perciò la sposto e mi riapproprio del mio amato angolo. Ma è l'ora di cominciare: si va in campo, e un omuncolo dirige la nostra preparazione atletica, un omuncolo (con una strana astronave gialla della Ford) che con nostra grande gioia non ci lascerà fino alla fine dell'anno. Ma so che ci sono novità, per cui mi avvicino al compagno di angolo e chiedo, visto che le pubbliche relazioni in società le tiene lui. Dice:"Ce n'è due o tre n(u)ovi, uno lo conosci...", "Ok, e gli altri?", "Prossima domanda?". Aveva ragione. Da quel momento, il mio, suo, il nostro mondo, non sarebbe più stato lo stesso. Saremmo passati attraverso tutto, e dico veramente tutto. Allenamenti (rigorosamente Matteoliani), partite (altrettanto Matteoliane), giornate, serate (soprattutto), bevute (non ne parliamo), i******ture, c*****e (più delle bevute)...e poi?

Vado via. E dove? In America. Perchè la vita se è facile non ci piace. Ma più che altro se son qui a scrivere è perchè il caso ha voluto che quello sport che c'aveva riuniti, quel sabato (l'aggettivo mettetecelo voi) non aveva partite in programma. Sennò? Altra storia.

Comunque sia, grazie di tutto Mecchin. E grazie anche a te Eu. La foto è per voi, perchè prima o poi dovrete vederla quella città!

Ah, e grazie anche a tutti gli altri.

P.S.: quella borsa, la cui scritta non nominerò invano, si appropriò del mio angolo, ma solo su mia gentile concessione verso un (gradito) ospite.

Jacopo.

agosto 29, 2008

Giorni di ordinaria...preghiera!

La vita è come gli affari. Possono andare meglio, ma possono andare anche molto, molto peggio. Come dice sempre il titolare di un ristorante che conosco bene alla domanda:"How's your business?" "Can't complain!". Non ci si può lamentare. Non esistono leggi di mercato certe, anzi se la mettiamo su quel piano, di certo non esiste niente. Il mercato però offre l'esempio significativo: quello che oggi è oro, domani potrebbe essere ottone. A costruire una fortuna ci mette una vita, a voltarti le spalle ci mette un attimo. Quello che è curioso però, è come questo si rifletta, come su uno specchio d'acqua, sulla vita. Oggi hai quello che ti serve e anche qualcosa di più. Domani chissà. E allora è bene sì costruirsi la propria fortuna, essendo certi che prima o poi andrà persa, ed essere perciò contenti di dover essere impegnati a ricostrurla. Così alcuni si pongono di fronte alla vita. Così mi ci pongo io. E quando nella scuola americana la domanda del giorno della classe d'inglese è:"Credi in Dio?", hai tutto il diritto di rispondere "No.". Poi però arriva il 5° periodo (o quinta ora, chiamatela come volete). E lì è un'altra storia, ma tutta un'altra proprio. Si scende nel colosseo, come dicono qua; si va al palazzetto, come dicono là. Entri in spogliatoio:"Scusate, devo aver sbagliato porta, lo spogliatoio della pallacanestro?". Invece no, sei nel posto giusto, ti rispondono una quindicina di neri, con annessi 2 bianchi che però, misterosiamente, tacciono. I coach, di colore pure loro, dopo pochi convenevoli di presentazione, cominciano il loro allenamento. E ritrovarsi lì in mezzo, dove TE sei diverso, e loro son quelli che san giocare (o presunti tali), non è bello, o perlomeno, non è entusiasmante. Ma quando si gioca non esistono colori, minoranze o maggioranze, se qualcuno sgarra, nero, bianco, giallo, rosso, si corre. E si corre sul serio. Finisce allora che l'allenamento del giovedì diventa un moto perpetuo che percorre in orizzontale i 14 metri del lato corto del campo. Ah, ogni tanto ci si ferma e il coach con aria i*******a fa la predica, che tuttavia non mi è concessa di capire, se non per le espressioni puramente volgari ormai ben note. Esse però fanno ben dedurre il succo del discorso. In fondo all'allenamento? Preghiera. Sì perchè? Non vuoi ringraziare il Padre Nostro, che anche oggi siamo usciti vivi dal Colosseo?
La risposta alla domanda nell'ora d'inglese? Mi scuso pubblicamente, qualcuno che da lassù ci guarda e fa suonare la campanella ci deve pur essere. 
Jacopo.

agosto 24, 2008

I'm in Americaaaa!

14:30 circa. Pietro's bar, ristorante italiano in terra Texana. Non so quanti altri ce ne siano nel mondo che fanno calzoni di tale qualità. Non a Longview eh, nel mondo. Entra una ragazza di colore nel bar, ordina qualcosa, va in bagno, mangia. Io sono lì, due tavoli più in là, che discuto con Larry, tipico uomo americano, un po' stile marine, della stagione che faranno i Cowboys (squadra professionistica di football di Dallas). E' un po' come discutere della prossima stagione del Milan, con Ronaldinho, Kakà, Pato. "Eh no eh, tanto prenderà tanti quei goal con quei pensionati che si ritrova in difesa...eh". Il livello della discussione più o meno è quello. Non che Larry sia di tale livello, anzi è la persona più rispettabile che abbia incontrato finora: Harely Davidson e lì andare! Si fa una 30 miglia tre volte la settimana per andare a mangiare i suddetti calzoni. Il discorso continua, verte su altri argomenti ma niente di più importante dei Cowboys (per carità, qua sono una fede, ma non che ciò m'importi). Intanto fuori dal bar succede il finimondo. Si perchè il cielo in 5 minuti improvvisamente si oscura, ma non è che comincia a piovere. No, comincia a diluviare, perchè come ho ormai appreso "in Texas tutto è sproporzionato, quindi se piove vien giù l'Apocalisse (cit.)".

Ma non è tutto. No? No, perchè dov'è che siamo? Ah già.

Tento invano di non guardare fuori perchè lo scenario è inquietante; qualcuno dice che ogni tanto passano anche dei piccoli uragani, ma niente di che, questa non è zona per quelli grandi. Vedo un auto della polizia, un poliziotto che discute con qualcuno. Sposto la testa per vedere oltre la finestra. L'interlocutore del poliziotto, o per meglio dire le interlocutrici, sono due persone di colore, mamma e figlia. Hanno un van blu. "Apra il van per favore." Lo aprono. Ops, stenderia di vestiti (credo) rubati (di sicuro). Niente storie, manette e dritte nella volante. "Non ho fatto niente" continuano a ripetere. "Ok, adesso, per favore, entri GENTILMENTE nell'auto. Grazie!" Ci entrano, forse volentieri, visto che intanto continua a venire giù il diluvio. Inanto è arrivato un altro poliziotto, e ironia della sorte, nel bar c'è lo Sceriffo della contea. Che tuttavia era a mangiare con la moglie, quindi non ne vuole nemmeno sentir parlare. Esce e con un cenno ai colleghi se ne va. Inanto il secondo poliziotto entra nel bar con in mano il tipico taccuino per raccogliere le testimonianze, che però rimarrà bianco. "Sto cercando una ragazza di colore, giovane, deve essere qui dentro." Bingo. Presa con le mani nel sacco (ma dico no, almeno vattene in un bar un po' più lontano!). Mi volto. Vi ricordate la ragazza di colore che era entrata nel bar durante la discussione sui Cowboys? Ecco, dileguata, dissolta nell'aria. Tutti perciò dicono:"Beh era qui fino a un secondo fa". Io non lo faccio perchè non so esattamente come si dice, ma questa è un'altra storia. "Vabbè, state qui che ritorno, le indagini non sono finite." Ma come, oltretutto che ve la siete fatta scappare da sotto il naso, devo anche aspettare? No. Infatti vado a casa, contento e un po' disturbato dal fatto di aver assistito al primo arresto in diretta della mia vita. In America questo altro. La prossima volta voglio vedere Chuck Norris!

Ah, un attimo. Menzione speciale se la merita Josè Flusciano. Eh? Origini portoricane, vissuto a New York fino a 14 anni, quando muore il nonno. Così suo padre dice:"Sai che c'è? Vado a vivere a Jacksonville, Texas." Fatte le valige si monta sul bus e si va a Jacksonville senza fare una piega. No, anche perchè non è che ora Josè se la passi proprio male: 9 figli, 9, una host student dalla Germania, e una montagna, anzi un Everest di soldi, arrivati direttamente dalla cosetta di assicurazioni che era stata messa su dopo il trasferimento. Adesso ha un palazzo che emula quelli di New York. D'altra parte la sua città, come dice lui, è quella. In America Josè e (molto) altro.

Jacopo.

agosto 20, 2008

Una settimana dopo


20 agosto, Longview.

E' passata una settimana dalla partenza. Una settimana e sembra sia passato un mese, forse un anno. Le emozioni di 7 giorni fa probabilmente non si ripeteranno mai più, anzi sicuramente non si ripeteranno. No, quelle son cose che si provano una volta nella vita, la seconda potrebbe essere fatale. Poi però quando passano sembrano lontane un secolo. Sembra sia passato un secolo da quando ho salutato gli amici a Roma, sembra sia passato un secolo da quando mamma e babbo stavano in Italia. Non che non ci stiano più, ma ora (mom and dad) stanno anche qua, a Longview, e la cosa mi risulta alquanto bizzarra. In effetti in una settimana possono cambiare più cose di quanto uno creda: paese, famiglia, amici, conoscenti, abitudini e qui mi fermo soltanto perchè non mi vengono in mente le altre centinaia possibili. In una settimana puoi sentirti lontano da tutti e da tutto ciò che avevi e non sentirne la mancanza, perchè sai che se avrai bisogno loro ci saranno sempre. Ah poi in una settimana (o anche in un giorno) puoi andare a Shreveport, Lousiana. Shreveport, e soprattutto Lousiana, meritano un capitolo a parte. Interstate 20, che dal South Carolina termina nel Texas, mezza America di strada insomma. Basta il tratto che da Dallas, TX va a Shreveport, LA per capire una cosa. 2 ore e mezzo di niente fin quando arrivi al confine con la Lousiana. Ecco, da li un altro mondo. Il paesaggio (stereotipato quanto volete) è quello delle immagini pre-uragano Katrina (quelle post fanno caso a parte). Case antiche, per non dire vecchie e decadenti, chilometri e chilometri di niente. Un niente che però non ha nulla a che vedere con il niente del Texas. In Texas il benessere c'è e si vede. Varchi il confine, e la desolazione c'è e si vede anche bene. Per quel poco che ho visto, in Lousiana, o sei ricco o sei povero, senza troppe mezze misure (salvo le eccezioni). A Shreveport ci sono 3 casino. A giocare arrivano da tutta l'America, ma gli indigeni che vanno al casino son pochi, ma davvero pochi. Fermi, non siamo in Africa,non si muore di fame, ma non tutta l'America è un sogno, anzi son certo che qualcuno vorrebbe andarsene altrove. 

Io invece resto qui, perchè il Texas è bello e mi piace, tutte le persone che incontri per la strada sono (super)accomodanti. E come chi mi conosce bene sa, ormai la decisione l'ho presa, indietro non si torna, e in questa settimana mi sembra anche di aver preso una buona decisione. Speriamo in bene.

Jacopo.

agosto 15, 2008

Benvenuti in Texas!


Dov'è che siamo? Ah sì, Longview, Texas! Finalmente a casa, nella nuova casa ovviamente. Qua in Texas quasi tutte le case hanno un unico piano, sono basse, anzi bassissime. In compenso le strade, gli aeroporti, gli hotel, qualsiasi cosa possiate immaginare qua è enorme. Non esistono mezze misure, a dir la verità nemmeno le piccole. Da Starbucks il caffè te lo servono in un bicchiere da più di mezzo litro, per un italiano un'eresia...ci farò l'abitudine, eh si, è proprio il caso che ce la faccia. 

In mezzo a tutto questo un viaggio in aereo durato (tra scali e robe varie) 16 ore, il giorno più lungo della mia vita (30 ore, causa fusi), e un milione di addii, tra parenti e amici, vecchi e nuovi. Quello che è strano è che non ti rendi conto di essere dove sei, di fare quello che stai facendo: tutto troppo in fretta, tutto troppo strano. 

Come svegliarsi e essere in un letto a due piazze, alzarsi e vedere le casette (rigorosamente ad un piano) circondate ognuna dal proprio giardinetto, così verde che non penseresti di essere in Texas. 

E invece? Benvenuto in Texas! Adesso però stiamo a vedere cosa succederà. Non si può che sperare in bene, d'altra parte da qua lanciano le navicelle che vanno fin su Marte...come non vederci qualcosa di buono??

Ah, vi ricordate la massima del nonno, dimenticatela, o chiedete il significato in altra sede, è meglio.

Jacopo

agosto 12, 2008

Sciogli le cime: si salpaaaa!!

Montecarlo, 11 agosto,

Eccoci qua. Il 12 agosto sta per arrivare (manca una mezz'oretta ancora). Ciò significa che tra qualche ora parto. Destinazione? Longview, TX...

Com'è che si chiama scusa??? In questo caso in nome della destinazione non è molto importante anzi, non lo è affatto. Ciò che importa è che in quei 25 kg tra valigia e bagaglio a mano (Dio fa che siano 25 kg e non un etto di più!), non ci sono solo vestiti, scarpe e roba varia. No, lì dentro c'è molto di più, c'è qualcosa che se si potesse pesare non me lo imbarcherebbero nemmeno su un aereo cargo. Per fortuna lì dentro c'è la voglia di viaggiare, di andare a vedere Cosa c'è al di là della siepe di casa tua, Chi c'è al di là di quella siepe, la paura (tanta), all'aeroporto non si pesano. Le pesa il tuo stomaco invece, e a volte ti dice che quel peso non lo sosterrebbe nemmeno il già menzionato cargo. Allora ti lasci andare. E capisci che avere quel peso lì non è proprio il caso. Buttalo, quel posto potrebbe servirti un giorno.

Apparte tutto, la sensazione è strana, bizzarra forse. Senz'altro è quella che non ti aspetti, ma non c'è più tempo, adesso si parte, sensazioni o no. E si parte per davvero, senza remore, senza rimpianti, salutando tutti, ma proprio tutti.

Sciogli le cime, adesso si salpa, verso l'infinito e oltre. Un grossissimo arrivederci a tutti.

Ah e per chi lo volesse, anche un asd.

P.S.: Vi lascio con la chicca del nonno: "Stai attento, perchè fidassi è bene, ATU è meglio (cit.)". La parafrasi alla prossima puntata.            P.P.S.: Grazie Marco, sei il mio ispiratore, una musa insomma.